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Il detective Laidlaw merita un posto d'onore fra i grandi investigatori della letteratura
Notizie Milano

William McIlvanney, la finta leggerezza del giallo

Del 21/09/2013 di Angela Fiore - Non ha mai desiderato scrivere un poliziesco, eppure il suo Jack Laidlaw ha fatto storia.

William McIlvanney non è e non ha mai ambito a essere uno scrittore "di genere" e ha esordito nel 1975 con il romanzo Docherty, il cui intento primario era quello di scavare nella storia della classe operaia dalla quale proviene lo stesso McIlvanney.

Dal 1977, tuttavia, desiderando dare vita a un personaggio che si confrontasse con l'ambiguità del male e con i dilemmi morali che inevitabilmente affliggono chi si ponga il problema di perseguire autenticamente la giustizia, lo scrittore scozzese ha scelto di cimentarsi con il genere poliziesco. Il risultato è stata la trilogia di Jack Laidlaw, presto divenuta un culto per il pubblico anglofono (con scarse fortune in Italia: una vera e propria ingiustizia letteraria alla quale Feltrinelli rimedia ripubblicando il primo romanzo della trilogia Come Cerchi nell'Acqua).

Le avventure di Laidlaw smentiscono il luogo comune che vorrebbe il poliziesco un genere "leggero" e disimpegnato: non c'è nulla di frivolo o fine a se stesso nell'analisi morale di questo detective taciturno, intellettuale e per lo più infelice, che si costringe ad andare oltre i ruoli prestabiliti e a individuare il male anche fra i cosiddetti "buoni" e a scorgere i riflessi del bene e i semi della disperazione e dell'ingiustizia anche fra i criminali. La domanda più ovvia che sorge nell'accostarsi a questi romanzi è "da che parte sta Laidlaw?". Una lettura attenta rivela però il vero quesito posto da McIlvanney: chi sono i veri criminali?

Categorie: Scrittori

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