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Alessandro Bergonzoni: il gioco segreto delle parole
Del 14/09/2013 di Angela Fiore - Alessandro Bergonzoni gioca con il linguaggio per stimolare riflessioni sulla realtà delle cose
La maggior parte dei trenta-quarantenni di oggi ha letto per la prima volta il nome di Alessandro Bergonzoni sugli aforismi della Smemoranda e per molti quello è stato il primo contatto, per quanto riduttivo e sporadico, con un intero universo di possibilità espressive affascinanti e sorprendenti.
Tanto nei libri quanto negli spettacoli teatrali, la cifra stilistica di Bergonzoni è sempre stata la capacità di suscitare riflessioni sulla sostanza delle cose a partire dalla sostanza del linguaggio, esplorando con leggerezza solo apparente l'intima relazione fra l'essenza delle cose e il modo in cui queste vengono definite, delimitate e consacrate dal linguaggio. Il registro per lo più comico e surreale di tutti i testi Bergonzoniani, abbinato al tono stralunato dei suoi monologhi (che è impossibile non immaginare anche durante la lettura dei libri), è il canale attraverso il quale passano contenuti serissimi, pregnanti, quasi troppo ingombranti per la rarefatta vacuità dell'intrattenimento moderno.
Nel presentare il suo ultimo libro (nonché prima raccolta di poesie) L'Amorte, Bergonzoni ha definito la cultura contemporanea "cultura colluttoria": un espediente per rinfrescarsi la bocca, ma da sputare subito dopo. Il sistema organizzato della letteratura è, invece - secondo la definizione di Bergonzoni - un imbuto che abbiamo costruito per filtrare ciò che può arrivare a noi, così da non lasciar passare contenuti troppo grossi e scarsamente digeribili, prediligendo quelli "spappolati", leggeri e che non pongono nessun problema.