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Cesare Zavattini, tra Surrealismo e Neorealismo
Del 06/05/2013 di Lucia Conti - Poliedrico ritratto di uno dei cardini della cultura italiana del ventesimo secolo

Cesare Zavattini, classe 1902, è molte cose contemporaneamente: giornalista, commediografo, sceneggiatore, poeta e pittore, nonchè uno degli esponenti maggiori del neorealismo cinematografico.
Come giornalista esordisce sulla "Gazzetta di Parma", in seguito si trasferisce a Milano, dove collabora presso vari giornali, scrive per la rivista romana "Marc'Aurelio", fonda un giornale satirico chiamato "Il Bertoldo", ma non lo dirige mai perchè in forte contrasto con l'editore Rizzoli e passa per questo alla Mondadori, dove fino al 1939 ricopre l'incarico di direttore editoriale. Nello stesso periodo fonda insieme ad Achille Campanile un nuovo giornale umoristico, il "Settebello".
Come scrittore Zavattini non è facilmente inquadrabile: socialmente ipercritico, analista agrodolce delle contraddizioni dell'umanità, media realtà e fantasia con una formula originale e personalissima. Il suo stile disinnesca tutte le componenti patriottiche e guerrafondaie degli anni trenta e quaranta e anche qundo tratta temi di pura fantasia, l'autore non fa che veicolare un costante invito alla pace tra i popoli e una sorta di leggerezza surreale assolutamente incompatibile con la retorica fascista.
La sua prima opera, "Parliamo tanto di me", riscuote un notevolissimo successo. Seguono "I poveri sono matti", "Io sono il diavolo", Totò il buono" e Straparole".
Dal 1934 intraprende la carriera di soggettista e sceneggiatore. La sua particolare sensibilità lo porta a vedere nel cinema uno strumento di rinnovamento sociale, il più possibile distante dalle logiche reificanti del mercato. Nel 1939, un incontro cruciale, quello con Vittorio De Sica, lo catapulta in una realtà fatta di capolavori assoluti a cui contribuisce, di fatto scrivendo la storia del Neorealismo. Con De Sica realizza una ventina di film, tra i quali "Sciuscià", "Ladri di biciclette", "Miracolo a Milano" (tratto dal suo romanzo "Totò il buono") e "Umberto D".
Lavora anche con Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini, Federico Fellini, Mario Monicelli, Dino Risi, Luchio Visconti e molti altri registi fondamentali, per un totale di ottanta film.
A ottant'anni dirige e interpreta il suo unico film da regista, "La Veritàaaa",
Come soggettista di fumetti Zavattini è altrettanto brillante, anche se si decide solo dopo anni a firmare il primo racconto, a causa di ciò che descrive come un "discutibile pudore da letterato".
Come pittore è conscio dei suoi limiti, ma ricco di curiosità, ironia e una certa soave capacità di rendere la leggerezza dell'esistenza.
Come poeta è da segnalare per una serie di poesie scritte in dialetto, "Stricarm' in d'na parola" (Stringermi in una parola), che portano Pasolini a definire il libro "bello in assoluto", e il poemetto "Toni Ligabue", sul tormentato e sfortunato pittore "naïve".