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Andrea Zucchi: metafisica e geometrie
Del 12/04/2013 di Lucia Conti - L'artista milanese alle prese con le emozioni del surrealismo e le urgenze della razionalizzazione

Lo stile di Andrea Zucchi fa perno sulla commistione di elementi non assimilabili per ragioni che vanno dalla discrasia temporale all'eterogeneità sostanziale.
Foto d'epoca ritoccate in modo psichedelico, figure arcaiche poste su sfondi metropolitani, commistioni anomale che richiamano al surrealismo e allo straniante senso di solitudine della pittura metafisica.
L'effetto è volutamente spiazzante e l'artista esprime una poetica fondata su richiami archetipici e allusioni enigmatiche ai grandi misteri dell'esistenza, dagli albori della storia fino ad oggi.
Molto apprezzate anche le sue rielaborazioni con la biro di antiche stampe. In questi casi Zanucchi mutua dall'arte orientale il rapporto quasi naturale dell'artista con la cosiddetta "copia", vale a dire un'immagine già esistente, ma rielaborata in base alla propria sensibilità, in un processo di perenne perfezionamento stilistico. Di questo espediente si avvale peraltro in modo molto eversivo e, senza scomodare Andy Warhol o Richter, possiamo dire che di sicuro le "copie" dell'artista milanese generano nuovi significati.
Presente infine, accanto a tutti questi elementi, anche una tendenza al rigore formale, alla razionalizzazione strutturalistica, una sorta di "seconda vena astratta" che qualcuno ha associato a Piet Mondrian e alla necessità di imporre all'onirismo surrealistico una superiore geometria.