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Vincent van Gogh, tra genio e follia: tra le sue opere più famose I girasoli, Campo di gr...
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Vincent van Gogh e il rogo della vita

Del 25/12/2013 di Lucia Conti - L'artista olandese supera l'impressionismo, anticipa l'espressionismo e mescola il colore alla violenza delle sue emozioni

Celebrato come un eroe romantico e punto di riferimento irrinunciabile della storia dell'arte, Vincent van Gogh, in vita, è pressochè ignorato, vende ufficialmente un solo quadro, "Il vigneto rosso", e un rigattiere acquista da sua madre una serie di dipinti rimasti nel suo studio, pagandoli circa dieci centesimi l'uno e bruciando quelli che ritiene non commerciabili.

A circa centovent'anni dalla sua morte, le quotazioni ormai miliardarie delle sue opere sono la migliore dimostrazione non solo dell'occasionale ingiustizia della vita, ma anche della comprensione spesso tardiva del genio da parte della società, che spesso ha bisogno di assimilare gradualmente i cambiamenti che le figure di eccellenza anticipano bruscamente.

Vincent van Gogh è un artista atipico. Inizia a dipingere relativamente tardi e realizza i suoi capolavori negli ultimi due anni della sua esistenza, lontano dai fermenti e dalle influenze della ribalta parigina.

Straziato da una profonda e complessa sofferenza fisica e psicologica e socialmente isolato, consuma nell'arco di trentasette anni un passione contorta e inestinguibile che riversa nell'arte e nella vita. 

Nelle primissime fasi della sua formazione pittorica subisce il fascino dei maestri fiamminghi del seicento e recepisce le istanze sociali di Millet, che si rfilettono nel bellissimo "I mangiatori di patate", distante da quelli che saranno i tratti tipici della pittura di Van Gogh, ma comunque espressione del suo straordinario talento.

In seguito l'artista scopre l'impressionismo francese, capisce che i toni scuri dei primi quadri sono ormai superati e cambia approccio, cominciando a sperimentare con il colore e subendo il fascino del puntinismo di Seurat e delle opere di Pisarro. Febbrile e prolifico, produce una serie di opere fondamentali che andranno ben oltre l'originaria ispirazione impressionistica, finendo per influenzare radicalmente la futura arte europea.

In ritratti, autoritratti e paesaggi, van Gogh distorce infatti le forme ed usa un cromatismo violento e soggettivo, anticipando in questo modo sia il post-impressionismo e fauvismo francese, sia l'espressionismo tedesco. Non ci parla della realtà, ma della sua emotività, l'arte non è più rappresentazione, ma comunicazione di uno stato d'animo, le emozioni si addensano insieme al colore sulla tela in modo brutale e quello che arriva è il risultato di una dolorosa operazione introspettiva.

Nel 1888 si trasferisce ad Arles, in Provenza, si lascia affascinare dalla "luce del sud", sperimenta, accarezza l'idea di fondare un'associazione di pittori in grado di produrre arte con modalità completamente nuove.
Lo raggiunge presto anche Gauguin e l'entusiasmo iniziale è presto frustrato da una serie di litigi sempre più frequenti tra i due pittori. Quando Gaugin dichiara di voler lasciare Arles, Van Gogh infierisce su se stesso tagliandosi il lobo di un orecchio con un rasoio e facendolo recapitare a una prostituta che era solito frequentare. Alla fine viene ricoverato nel manicomio di Saint-Rèmy, dove continua a produrre opere tanto allucinate quanto notevoli per disperata e violenta bellezza. Alterna allucinazioni ed attacchi di panico a parentesi di torpore o tentativi di suicidio. Comincia a dipingere cipressi, che esercitano su di lui un fascino tenacissimo, e consegna alla storia i meravigliosi  "Notte stellata" e "Piante di iris".

Nei brevi momenti di remissione della malattia, erroneamente diagnosticata solo come epilessia, si comporta in modo apparentemente normale, ma in realtà il baratro è vicino e pronto a spalancarsi definitivamente. In quest'ultima fase della sua vita l'artista non recupera mai la totale lucidità, arriva ad ingerire i colori e gli viene di conseguenza impedito di dipingere, mentre a Parigi si innesca un flebile dibattito sulla sua arte e dieci sue opere vengono esposte in una mostra di pittori indipendenti, suscitando l'attenzione di Monet.

Nel 1890 si stabilisce definitivamente ad Auvers sur Oise, dove si affida alle cure di Paul-Ferdinand Gachet (che ritrae) e dipinge "Il giardino di Daubigny" e "Campo di grano con volo di corvi", sconvolgente espressione del suo tormento e della sua solitudine.

Si uccide a trentasette anni con un colpo di rivoltella al cuore, ma l'agonia dura quasi un'intera giornata. Muore dopo aver pronunciato le enigmatiche parole "ora vorrei ritornare".

Categorie: Arte e cultura

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