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Francesco Zefferino, tra iperrealismo e post-realismo
Del 16/09/2013 di Lucia Conti - La disgregazione dell'uomo moderno sotto il segno della globalizzazione
Francesco Zefferino, nato a Bari nel 1969, a lungo architetto di interni e pittore e infine solo pittore, ci parla della contemporaneità e in particolare della dimensione parallela in cui si esprime, quella della rete, "rubandone" immagini anonime, ma al tempo stesso personali, così come anonimo e personale è il contesto virtuale in cui la vita contemporanea si è parzialmente "trasferita".
Attraverso la pittura, arte peraltro sommamente antica, questo lucido artista ci ripropone i volti e le espressioni più moderne della nostra storia recente. Colpito da immagini elettroniche, elaborate da una voracissima memoria collettiva che rende tutto ubiquo e illusorio, Zefferino dipinge la solitudine, la degenerazione o semplicemente la vita metropolitana, si interessa ai meccanismi che determinano dipendenze ed alienazione e restituisce l'uomo alla sua fragilità.
Spesso sceglie l'iperrealismo e una pittura quasi fotografica, a volte addirittura lo supera con un post-realismo che scava negli angoli della realtà per portare alla luce, nel dettaglio, le sue connotazioni patologiche.
Registra inoltre in modo crudo, ma asettico, la fine degli degli idealismi e il crollo delle certezze dell'uomo moderno.
Alla base della sua concezione c'è infatti la fine dell'illusione illuministica che il progresso possa determinare la felicità e la convinzione che per rappresentare la verità non si possa che scrutare nell'abisso di una solitudine diffusa e strutturale, combattuta da farmaci di ultima generazione che garantiscono solo evasioni effimere e sostanzialmente inutili.
Molti dei suoi lavori portano il nome di medicinali per combattere l'ansia, che lo stesso artista definisce "la malinconia del consumatore"... sostanzialmente effetto collaterale ed incubo finale della globalizzazione.