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Aleksandr Solzenicyn e la lotta al totalitarismo
Del 15/05/2013 di Angela Fiore - Il dissidente russo che fece conoscere al mondo la realtà dei gulag
Aleksandr Solzenicyn fu, fino a dopo la guerra, un fedele servitore dell'ideologia sovietica. La sua fede fu distrutta quando ne conobbe personalmente il lato oppressivo: una lettera privata nella quale criticava Stalin gli costò una condanna a otto anni di campo di lavoro. La dolorosa realizzazione del vero volto del totalitarismo lo rese, per il resto dei suoi giorni, un irriducibile oppositore del potere sovietico e, conseguentemente, un perseguitato.
Arrivato negli Stati Uniti, dopo essere stato esiliato nella Germania Ovest e privato della cittadinanza russa, Solzenicyn farà un'altra amara scoperta: neanche la società occidentale riflette i suoi ideali di giustizia sociale, rispetto dell'individuo, primato della morale e dell'intelletto. L'esule accolto con entusiasmo dall'establishment americano - che desiderava avvalersi di un portavoce eccellente nella propria contrapposizione al blocco sovietico - non manca di criticare apertamente e aspramente anche la società che lo ha accolto e della quale disprezza la povertà dell'offerta culturale diretta alle masse.
Abituato a non compromettere la propria idea di giustizia davanti al grave rischio personale, Solzenicyn non cedette neanche alle lusinghe del benessere, rivendicando la propria identità di individuo e di intellettuale, il proprio retaggio culturale e la propria fede religiosa.
La vasta bibliografia di Aleksandr Solzenicyn si è di recente arricchita di un altro volume, rimasto inedito fino a questo momento e pubblicato postumo grazie al figlio: si tratta de L'Uomo Nuovo, raccolta di tre racconti di recente pubblicata in italia da JacaBook.