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Adrian Paci, artista albanese: vive e lavora a Milano dal 2000.
Notizie Milano

Adrian Paci e le radici del ricordo

Del 08/10/2013 di Lucia Conti - Al centro della sua ispirazione i temi dello sradicamento e della precarietà della vita umana

Arriva in mostra a Milano Adrian Paci, un artista albanese nato nel 1960.

Si forma all'Accademia delle Arti di Tirana alla fine degli anni ottanta, essenzialmente su corsi di arte figurativa (gli unici autorizzati dal regime vigente), e nel 1992, grazie a una borsa di studio, frequenta il corso "Arte e Liturgia" presso l'Istituto Beato Angelico di Milano. Tornato in Albania nel 1995 e divenuto docente di Storia dell'Arte ed Estetica, lascia tuttavia il Paese in concomitanza con il precipitare della situazione politica albanese e si trasferisce definitivamente nel capoluogo lombardo.

Espone alla Biennale di Venezia, al PS1 e al Museum of Modern Art di New York, ma la sua prima personale risale al 2006 ed ha luogo a Modena.

Realizza, oltre ai dipinti, fotografie, sculture e video, avvalendosi di tecniche e materiali diversi e prediligendo un approccio libero, sperimentale e finalmente emancipato da quei limiti che in Patria avevano condizionato la sua impostazione.

I temi dello smarrimento, dello sradicamento e della perdita dei riferimenti tendono a ricorrere molto nelle sue opere e a saldarsi alla poetica del ricordo, vissuto però come fatto universale e non come prospettiva particolare e biografica. Nello stesso modo l'esperienza dell'emigrazione si sgancia da un approccio soggettivo e ci parla di una condizione propria all'uomo in quanto tale, spesso esule e destinato in ogni caso a sperimentare il senso di precarietà e distacco dalle proprie radici.

In questa direzione è particolarmente di impatto la scultura di resina che l'artista ricalca dal suo corpo e che trascina un tetto sulle spalle, simbolo di tutto ciò che consideriamo "casa".

Paci è inoltre irresistibilmente attratto dalla fragilità umana e questo alludono le opere “Slowly”, un video incentrato su una donna anziana, “Turn On” che ritrae dei disoccupati nell'atto di tenere in mano una lampada, "PilgrIMAGE", immagine di Maria che fugge dall’Albania e dai turchi e il video "Klodi", in cui si racconta l'epopea contemporanea di un albanese.

Come pittore, nella sua prima produzione mescola realismo e senso del sacro alla maniera di Pasolini e l'influenza del grande regista e intellettuale italiano non è solo supposta, ma chiaramente espressa con la seconda serie di quadri che caratterizzano le opere degli anni novanta. A quel periodo risalgono infatti una serie di dipinti tratti da fotogrammi del film "Vangelo secondo Matteo" e una certa percepita affinità con il Maestro anche in relazione al suo straordinario e inesausto impegno civile.

Tra la fine degli anni Novanta e il Duemila realizza "Albanian Stories" e "Real game", intrecciando fantasia e identità geopolitica, nonchè coinvolgendo sua figlia Jolanda, che ritrae anche nella foto "The Princess", scattata all'interno di Palazzo Visconti. L'altra figlia Tea recita invece una filastrocca in albanese nel video "Apparizione", del 2001, al quale partecipano, recitando la stessa filastrocca, anche altri parenti di generazioni diverse e che esprime l'intensa e malinconica necessità di tenere unito ciò che il tempo e la vita tendono a disgregare. In questo stesso periodo realizza anche l'installazione "After the Wall There Are some Walls" e il quadretto "It was not a performance", ispirati al tema sempre ricorrente dell'immigrazione, ma anche alla critica della guerra, vista come speculazione commerciale e come espressione rapace della finanza internazionale.

Ha infine molto divertito e fatto riflettere il video "I Love the Gallerist and They Loved Me", in cui galleristi si lasciano manovrare e condizionare, mentre la foto "Flash Mercedes", fotografia nata da un'ispirazione casuale e diretta e che ritrae il bagagliaio di un auto pieno di carcasse di agnelli, ha molto colpito per il suo silenzioso e spietato realismo.

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