L'Uomo Nuovo

L'Uomo Nuovo

Tre Racconti

L'Uomo Nuovo

La pubblicazione di un inedito di Solzenicyn è uno di quegli eventi che dovrebbero scuotere il mondo della letteratura in modo fragoroso, soprattutto se, come in questo caso, il volume viene presentato dal figlio dello scrittore al Salone del Libro di Torino. Preso atto che il mondo della letteratura italiana non si scuote fragorosamente quando ne vale la pena, non resta che analizzare l'opera in sé.

Dopo la grande epica di Arcipelago Gulag e de La Ruota Rossa, che lo consacrarono come la voce disperata del dissidente che difendeva l'individuo calpestato dal regime e dalla sua retorica, Solzenicyn tornò alla forma del racconto breve, tanto cara a gran parte della letteratura russa.

In questi tre racconti si declina in diversi modi il tema della lotta senza speranza degli individui che tentano di opporsi alla cieca oppressione di quella macchina infernale che è lo stato totalitario.

La storia che resta forse più impressa, per il carico devastante di amarezza e perfino di cupa ironia che racchiude, è quella del giovanissimo contadino, deportato in un campo di lavoro insieme ai genitori kulaki, il quale scrive una lettera al noto intellettuale del momento, scrittore di regime fra i più celebrati, per chiedere aiuto e perché si conosca l'inumana condizione nella quale la sua famiglia viene costretta a morire di fame. La reazione dello scrittore è bonaria, il suo entusiasmo è riservato alla vivacità linguistica del messaggio, alla freschezza della prosa, che certamente potrà tornargli utile nella sua prossima opera, destinata a glorificare quello stesso regime che ha generato il contenuto della missiva, ovvero la devastante sofferenza che lo scrittore sceglie di ignorare.