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Elad Lassry e il mistero dell'esteriorità
Del 16/08/2012 di Lucia Conti - L'indebolimento dei significati nell'era delle icone

Classe 1977, Elad Lassry nasce a Tel Aviv e vive a Los Angeles.
Si muove tra il cinema, la scultura, la pittura e la fotografia, ritenendo l'arte una commistione di generi tutti equivalenti e formalmente integrati.
La natura e l'umanità vengono rappresentati nel modo più artificiale possibile e persino gli oggetti rinnegano la loro funzionalità, diventando il simbolo di un malizioso nonsense.
Definito in tanti modi, neo-pop, realista, citazionista e anche guardato con sospetto da chi lo ritiene semplicemente un acuto manipolatore dell'estetica del suo tempo, Lassry sembra in ogni caso aver capito come colpire l'attenzione dei contemporanei e al suo attivo può vantare mostre al MoMa e al New Museum di New York, alla Kunsthalle di Zurigo, alla Schirn Kunsthalle di Francoforte, al CAPC di Bordeaux, nonchè una recente partecipazione all'ultima Biennale di Venezia.
Tra le sue influenze dirette e indirette la fotografia di László Moholy-Nagy e la matrice concettuale di Louise Lawler, Richard Prince e Sharon Lockhart.
Nelle sue opere bidimensionalità e tridimensionalità si compenetrano in un gioco cromatico che rende le fotografie quasi delle sculture "accidentali".
Sono esasperate le illusioni tattili.
Nei suoi film in 16 mm la parola è abolita e la trama sostituita da suggestioni che agiscono come uno specchio deformante.
L'ambiguità insita in ogni piega della realtà, la seduzione delle immagini e la mercificazione delle icone sono il tema di molteplici variazioni, così come lo è la certezza che l'ultimo significato della nostra epoca risieda nel mistero superficiale della pura esteriorità, non nella ricerca di un contenuto inalterabile.
Tipico figlio del suo tempo, questo artista dà corpo a una costante ridefinizione di significati sempre mutevoli.
A pensarci bene poche cose si addicono di più alla contemporaneità.