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Vauro, le parole senza figure
Del 13/11/2013 di Angela Fiore - Nel ruolo di scrittore, Vauro rivela un lato sensibile e riflessivo.

Nel sempre animato dibattito pubblico italiano, Vauro è uno di quei personaggi che si possono esclusivamente amare o odiare: difficilmente la sua satira pungente suscita reazioni tiepide e, se non esiste nessuno che non abbia riso una volta, anche controvoglia, per le sue vignette al vetriolo commentate con l'inconfondibile accento toscano, più di qualcuno le ha trovate eccessive al punto di rivolgere all'indirizzo dell'autore attacchi personali e qualche denuncia.
Quello che riesce più difficile immaginare è che, messe momentaneamente da parte le matite per addentrarsi nel mondo della pagina scritta, Vauro abbandoni le stoccate satiriche per rivelare una sensibilità acutissima e uno sguardo carico di tenerezza sulle miserie umane.
Se nel romanzo semi-autobiografico Il Respiro del Cane c'era già in germe l'alternarsi di commozione e umorismo, nel più recente Storia di una Professoressa queste qualità si ritrovano ampliate e sviluppate. Nell'abbracciare con la narrazione la realtà complessa di un paese che si evolve, il giamburrasca della satira politica si trasforma in un narratore attento ed empatico, che tratta con rispetto e delicatezza le fragilità umane davanti ai complessi dilemmi della vita.
Scrittore occasionale, Vauro ha una personalità troppo spiccata per nascondersi completamente fra le pagine dei propri libri: la sua voce riemerge in continuazione dalla prosa, più o meno forte, ricordandoci che le parole, come le immagini, sono solo un altro modo di raccontare storie.