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Mike Kelley, tra Aldous Huxley e i Sonic Youth
Del 24/05/2013 di Lucia Conti - Bambole di pezza, coperte afgane e le allucinazioni infantili di un artista indispensabile.

Mike Kelley è un artista statunitense che ha fatto del sincretismo post-moderno la sua cifra stilistica.
Nasce nel 1954, in un sobborgo di Detroit e all'interno di una famiglia proletaria e cattolica.
Ispirato da Aldous Huxley e William Burroughs, da ragazzo svolge un ruolo attivo nella scena culturale e musicale del Michigan, che dà origine a bands come Iggy and the Stooges ed è lui stesso membro dei Destroy All Monsters, in cui milita anche Ron Asheton, ex chitarrista di quello che sarà in seguito il leggendario "re iguana".
Nel 1976 Kelley lascia la desolazione industriale di Detroit e si sposta a Los Angeles, dove si laurea al California Institute of the Arts e dove entra in contatto con John Baldessari e Laurie Anderson.
Dopo la laurea, e in controtendenza con il flusso migratorio che normalmente porta gli artisti dell'epoca verso New York, resta a Los Angeles e forgia il suo stile "definitivo", legato alla manipolazione ossessiva di coperte ad uncinetto, bambole di stoffa e giocattoli di pezza trovati nelle bancarelle dell'usato. Una delle sue opere più famose, "More Love Hours Than Can Ever Be Repaid", assembla appunto tutti questi elementi su un'unica tela, con un risultato di grande effetto visivo. La sua poetica, o forse dovremmo dire la sua antipoetica, passa attraverso il feticismo dei giochi, il ritorno all'infanzia e il complesso legame simbolico e psicologico che si crea tra il soggetto e il mondo degli oggetti. L'importanza della memoria è evidenziata invece da installazioni come "Mobile Homestead", che riproduce a grandezza naturale la casa di quando Kelley era bambino, ed "Educational Complex", che ricostruisce in scala tutte le scuole frequentate dall'artista, dall'istituto elementare cattolico all'università del Michigan ad Ann Arbor.
Anche la musica continua ad avere un ruolo importantissimo, basti citare la collaborazione con la storica band "alternative" Sonic Youth, coinvolta nella performance "Plato's Cave, Rothko's Chapel, Lincoln's Profile", in cui Kelley recita una sua poesia di un'ora e mezza su una base strumentale suonata live dalla band. Per i Sonic Youth curerà inoltre copertina e booklet dell'LP "Dirty", nel 1992.
La sua posizione nei confronti dell'arte è netta: Kelley deplora la mancanza di disperazione degli hipster moderni, che pure a lui si riferiscono spesso come a un vero e proprio "landmark" culturale, critica il fatto che la commercializzazione di ogni fenomeno sociale abbia stabilito una dittatura del gusto "conforme" e ne deduce che l'arte non possa avere altro ruolo che quello di denunciare e dissacrare se stessa e il contesto.
Muore per apparente suicidio nel 2012. Per celebrarlo e ricordarlo viene realizzata spontaneamente un'installazione commemorativa in un riparo per automobili abbandonato, che per l'occasione viene riempito di coperte afgane, candele di cera e giocattoli di pezza, in seguito donati alla Mike Kelley Foundation.
Holland Cotter, sulle colonne del "New York Times", lo definisce uno degli artisti americani più influenti dello scorso quarto di secolo e un interprete straordinariamente sagace della cultura popolare e della ribellione giovanile.