Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione. Visitando questo sito accetti pienamente la nostra Privacy Policy.

Apartheid, la piaga del Sudafrica: dal 1948 al 1990 un regime di totale segregazione razzi...
Notizie Milano

L’aberrazione dell’apartheid

Del 05/07/2013 di Lucia Conti - Oltre quarant’anni di ordinaria vergogna sudafricana

Il termine olandese “apartheid”, composto dalle parole “separato” (apart) e “quartiere” (heid), è divenuto nel tempo il simbolo non solo della feroce segregazione razziale che ha vessato il Sudafrica per oltre quarant’anni, ma anche lo stigma di ogni discriminazione intesa in senso più ampio.

Menzionato per la prima volta su un piano esclusivamente politico dal primo ministro Jan Smuts già nel 1917, l’apartheid venne istituzionalizzato solo nel 1948, quando l’Afrikaner National Party, influenzato dal delirio nazista, ingabbiò la vita associata in una serie di regole che facevano perno sulla più rigida disuguaglianza tra la maggioranza meticcia e sottomessa e una minoranza bianca e privilegiata costituita da Afrikans e coloni inglesi, i primi più feroci nel perseguire la politica segregazionista, i secondi apparentemente più tolleranti, ma in realtà altrettanto allineati con la politica del governo.

All’ottanta per cento della popolazione sudafricana, per la maggior parte nera ma, nel tempo, anche semplicemente “non bianca” (a partire dal 1956 l’apartheid fu esteso anche agli asiatici), fu imposta una serie di umilianti divieti atti a scongiurare ogni interazione tra le razze. Vennero proibiti i matrimoni misti e ogni forma di contatto sessuale interraziale, fu statuito l’obbligo dei neri di vivere all’interno di ghetti controllati dal governo e chiamati bantustan, con contestuale decadenza della cittadinanza, fu vietato loro di usare le stesse strutture pubbliche dei bianchi (ospedali, panchine e persino fontane) o di sedere negli stessi settori sugli autobus, venne istituzionalizzata la discriminazione sul lavoro e nell’istruzione e nel 1960 fu messo al bando l’ANC (African National Congress), associazione politica di stampo socialista che si batteva per l’abolizione dell’apartheid e che fu stigmatizzata come “comunista e antigovernativa”.

In quegli anni oltre tre milioni di neri vennero deportati nelle homelands del sud e privati di tutti i diritti civili e politici, che d’altra parte erano quasi inesistenti.

L’ala armata dell’Anc, l’Umkhonto we Sizwe, reagì con azioni di sabotaggio di infrastrutture e centrali elettriche, mentre le proteste pacifiche di neri e bianchi avversi alla segregazione subivano la feroce repressione del governo.

Nel 1976 l’apartheid, che il suo “ideologo” Hendrik Frensch Verwoerd aveva definito “politica di buon vicinato”, venne dichiarato crimine internazionale da  una convenzione delle Nazioni Unite e inserito nella lista dei crimini contro l’umanità, ma solo l’elezione a capo di Stato di Nelson Mandela, nel 1990 e dopo 27 anni di prigionia, ne sancì ufficialmente la fine e determinò l’inizio della lenta ricostruzione di un Paese devastato da anni di conflitti e dal peso di contraddizioni non ancora completamente risolte.

Per saperne ancora di più non resta che visitare la mostra presso il PAC di Milano

Categorie: Arte e cultura

Notizie Milano

Iscriviti alla newsletter

i campi con * sono obbligatori