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Izis, il fotografo sognatore
Del 27/01/2014 di Lucia Conti - I suoi scatti sono poetici, onirici e incredibilmente delicati.
Nato in Lituania nel 1911, al tempo del regime zarista in Russia, Izraël Bidermanas mostra immediatamente una sensibilità particolare.
I suoi compagni lo chiamano "il sognatore", il padre tenta invano di avviarlo come artigiano, in realtà il giovane palesa immediatamente la sua inclinazione per la fotografia e diventa apprendista fotografo con il sogno di Parigi, che realizza fuggendo nel 1930 all'indirizzo della Ville Lumière.
Nella capitale degli impressionisti lavora come stampatore e impiegato generico in diversi studi fotografici, fino a quando la guerra non lo porta ad unirsi alle forze francesi dell'interno (FFI), dopo la liberazione di Limoges. Scatta foto dei partigiani, affascinato dai loro volti e dalle loro vite, e proprio in quegli anni comincia a usare lo psudonomo di Izis.
Dopo la guerra la sua attività di ritrattista non si ferma e al contrario si intensifica, incontrando i volti dei grandi artisti, scrittori e poeti che rendono Parigi il fulcro culturale dell'Europa dell'epoca. Fotografa Argon, Eluard, Breton e molti altri e nel 1947 diventa naturalizzato francese. Per vent'anni collabora con la rivista "Paris Match" e pubblica una serie di libri, molti ispirati dalla bellissima città che lo ospita ed uno, "Grand Bal du printemps", realizzato insieme al poeta Jacques Prévert, mentre "Israël" ha la prefazione dello scrittore André Malraux.
Nel 1951 viene invitato al MoMa di New York e tra il 1963 e il 1964 è ammesso ad assistere, unico tra i fotogiornalisti, alla realizzazione del soffitto dell'Opera di Parigi curata da Chagall, a cui peraltro dedica l'opera "Le Monde de Chagall".
Onirico, delicato, sognante, raffinato, presente in numerosissime collezioni pubbliche e private e nella considerazione degli esperti di fotografia, per quanto non noto al grande pubblico, questo particolarissimo artista si qualifica come un vero poeta della fotografia, capace di evocare atmosfere delicate e vagamente surreali anche nella rappresentazione della cosiddetta realtà.