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Antoine D'Agata, fotografo di sesso e droga.
Notizie Milano

Antoine D'Agata: l'arte sanguina

Del 13/05/2013 di Lucia Conti - Sesso e droga negli scatti del fotografo di origini marsigliesi.

Controverso, forse anche per calcolo, brutale, anticonvenzionale, morboso, Antoine D'Agata decide filosoficamente di irritare, disturbare, creare problemi estetici alla società che osserva le sue opere.

Si forma all'International Center of Photography di New York insieme a Nan Goldin e a Larry Clark, in cui riconosce degli spiriti affini, impegnati nello stesso tipo di ricerca.

Il suo primo libro di fotografia, "De mala Muerte", risale al 1998, nel 2001 "Hometown" vince il Niépce Prize per i giovani fotografi, segue la mostra "1001 Nights", inaugurata a Parigi nel 2003, nel 2004 vede la luce "Le Ventre du Monde", il suo primo cortometraggio, mentre la sua prima fiction, "Aka Ana", viene girata a Tokyo nel 2006.

Prendendo atto del fallimento del fotogiornalismo, D'Agata decide di sovvertire le logiche del suo lavoro e di farlo coincidere con un'esistenza radicale, che attraversa spesso i sentieri della droga e del sesso.

Potrebbe sembrare una formula un po' scontata, ma gli scatti che trasfigurano prostitute ed emarginati nell'alone torbido che avvolge la loro vita, hanno di fatto la capacità di solleticare l'attrazione "obliqua" e istintiva che tutti proviamo per ciò che è crudo, estremo e in qualche modo sgradevole.

In Cambogia, dopo aver scandagliato e fotografato i contesti più desolati, D'Agata decide di andare oltre e immortalare il suo rapporto con Lee, una prostituta vietnamita con cui condivide un'intimità catturata anche da "Cambodian Room", il film documentario realizzato da Tommaso Lusena de Sarmiento e Giuseppe Schillaci.

Sintetizzando l suo pensiero il fotografo di origini marsigliesi si dichiara legato a una visione "anticalligrafica" dell'arte, privilegiando le sue espressioni più disperate e distanti da ogni ossessione ipertecnica, cita Cèline, George Grosz, Francis Bacon e Rimbaud e ritiene la fotografia un'arte solo quando non si appiattisca nella registrazione della realtà, magari imbrigliata da condizionamenti formali o sociologici, ma al contrario la inventi, in una felice fusione tra osservatore e osservato.

A pensarci bene la filosofia di Antoine D'Agata fa perno sulla concezione che sia la vita a dover imitarte l'arte... partendo dall'assunto che l'arte possa solo sanguinare.

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