- Locali Milano
- »
- Notizie Milano
- » L'ironia anarchica di Enrico Baj
L'ironia anarchica di Enrico Baj
Del 03/08/2012 di Lucia Conti - Impegno e ricerca per un artista a tutto tondo

Un intellettuale instancabile, Enrico Baj, costantemente impegnato a risolvere i numerosi problemi teorici che ogni artista deve affrontare per definire se stesso e la propria opera.
Comincia a prendere posizioni nette con il Movimento Nucleare, fondato con Sergio Dangelo nel 1952 e con l'adesione di Klein, Fontana, Manzoni, Jorn e dei fratelli Pomodoro (Arnaldo e Giò). Contro l'accademismo "e tutti gli ismi" i Nucleari si prefiggono infatti di reinventare la pittura a partire dall'atomo, dando vita a slanci cromatici influenzati dall'estetica antifigurativa dell'espressionismo astratto.
Continua con la fondazione del Movimento internazionale per una Bauhaus Imaginista, che si oppone con vigore al razionalismo del Bauhaus rifondato di Max Bill, teorico del funzionalismo architettonico e alfiere del design industriale. Segue il Manifesto contro lo stile, firmato assieme ai Nucleari, che dichiara guerra al manierismo in pittura.
In tutto questo però forse Enrico Baj trova la sua cifra definitiva nella sperimentazione di tecniche e materiali di ogni tipo, operazione che produce senza dubbio le sue opere più interessanti: le Montagne di colore sintetico, i Collages di legno, intarsi e pittura, il ciclo degli Specchi e quello dei Generali, piccoli capolavori che ridicolizzano la retorica militare con violenta e poetica sagacia.
L'ironia si trasforma tuttavia in tragedia con opere come "I funerali dell'anarchico Pinelli", monumentale collage ad altissimo impatto emotivo (diversi, guardandolo, chiamano in causa "Guernica" del grande Picasso). L'opera è peraltro ritirata il giorno stesso della sua presentazione in seguito all'omicidio del commissario Calabresi.
Seguiranno "Nixon Parade" e il work in progress "L'apocalisse", il "Manifesto del futurismo statico", i "Manichini", gli esperimenti con il Meccano, il ciclo "Metamorfosi e metafore" e infine il ritorno alla ceramica, sempre seguendo il filo rosso di una vivacità trasversale che porterà Baj a collaborare anche con tantissimi letterati, giornalisti e poeti, da Queneau a Umberto Eco, ad accostarsi al teatro, curando la rappresentazione di "Ubu re" di Alfred Jarry, e ad esprimere in ogni caso il suo costante impegno civile, miccia senza la quale l'indubbio talento di questo contestatore visionario non sarebbe mai esploso in tutto il suo colorato splendore.