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L'arte povera, tra archetipo e rivoluzione
Del 02/08/2012 di Lucia Conti - Il ritorno alla materia e l'utopia possibile

Nel 1967, alla vigilia di una lunga fase di pesanti tensioni sociali e politiche e in un'Europa in cui già imperversava la militanza "iconoclastica" di Jospeh Beuys, Germano Celant lancia in Italia il movimento dell'"arte povera", legata a materiali comuni, sia organici che industriali, come carbone, paglia, acqua, terra, stracci, cespi di insalata, plastiche e scarti industriali.
I nomi sono molti, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, che usa il cotone grezzo, Piero Gilardi, con i suoi orti di gommapiuma, Luciano Fabro, Pier Paolo Calzolari, Giulio Paolini, che estremizza esponendo semplicemente il retro delle tele e poi Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali e molti altri, diversi, ma uniti dal bisogno di riappropriarsi dei valori primari dell'umanità e di tornare alla forza assoluta dell'archetipo, punto di partenza e destinazione finale della storia e dell'evoluzione.
Il movimento ha successo, anche se forse meno di quello che avrebbe avuto se fosse nato negli Stati Uniti d'America, e due "poveristi" arrivano persino ad esporre le loro opere al prestigioso Walker Art Center di Minneapolis, dove gli Igloo di Mario Merz e gli Specchi di Pistoletti sembrano superare il limite di una corrente che molti, in patria, hanno considerato forse eccessivamente ermetica.
Altro punto nodale dell'esperienza dell'arte povera italiana è il confronto costante con la sua "nemesi", la pittura, che tutti i "poveristi" criticano e rifiutano, almeno sul piano della dichiarazione di intenti, ma con la quale tutti, prima o poi, finiscono per fare i conti, recuperandola in modo obliquo e contaminato. In questa direzione si collocano i "sassi su tela" di Giovanni Anselmo, la trasformazione delle sculture di Kounellis in lastre di ferro da appendere al muro e infine gli Arazzi, le bellissime mappe del mondo realizzate da Alighiero Boetti.
La pittura, già nemica, matrigna e rivale, diventa quindi, nell'esperienza di questi artisti, un ennesimo materiale da usare nella costruzione di una nuova società.