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Kitsch: in scena il cattivo gusto
Del 13/06/2012 di Redazione Milanolocali.it - Alla Triennale di Milano la mostra Gillo Dorfles. Kitsch – oggi il kitsch.

Si dice che è bello ciò che piace, ma tutti prima o poi siamo stati ammaliati o ingannati da qualcosa di terribilmente kitsch.
Già nel 1968 il mondo del kitsch è stato esaminato e indagato da Gino Dorfles, nel libro Il Kitsh. Antologia del cattivo gusto, edito da Mazzotta: ci serviva proprio un grande critico d'arte e filosofo come Dofles per analizzare questa trappola, più o meno consapevole.
Come ci spiega il caustico autore: “sono l’intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all’utilizzo delle tecniche sia nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma, ma anche un comportamento, in un’opera, in un linguaggio che sentiamo veri e autentici. Se non esiste la dimensione culturale, ogni forma d’arte è destinata a cadere nella trappola di un kitsch più o meno consapevole. La vera arte non è mai maliziosa. Il kitsch lo è, e questa è la sua essenza. È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”.
Tra le pagine del volume, il critico d'arte più importante degli ultimi anni arriva ad affermare anche che alcuni capolavori come il Mosé di Michelangelo e la Gioconda di Leonardo sono "divenuti emblemi kitsch perché ormai riprodotti trivialmente e conosciuti non per i loro autentici valori, ma per il surrogato sentimentale o tecnico dei loro valori".
Dal 13 giugno fino al 26 agosto, la Triennale di Milano presenterà la mostra Gillo Dorfles. Kitsch – oggi il kitsch curata da Gillo Dorfles con Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone e Anna Steiner; un viaggio nel cattivo gusto attraverso numerosi artisti quali Adriana Bisi Fabbri con Salomè di fronte (passo di danza), 1911, e Salomè a tergo (Mossa di danza), 1911, che rappresenta il personaggio biblico con rotondità paradossalmente eccessive; Alberto Savinio che con Penelope, 1933, rivive con ironia il mito classico; Enrico Baj che con Madame Garonne, 2003, assembla materiali diversi per denunciare la corruzione del gusto causata dalla cultura del prodotto industriale.
Anche tre opere di Salvador Dalì fanno parte di questo gruppo di artisti che utilizzano il cattivo gusto come chiave di espressione fondamentale.